La malattia delle donne in carriera: debunking di un falso mito

INFO Endometriosi
22 min readMar 19, 2021

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Endometriosi tra razzismo e classismo.

Il seguente articolo è la nostra traduzione in italiano del podcast di Tight Lipped.

Il mito delle donne nere che non sviluppano endometriosi ha quasi un secolo e, purtroppo, persiste ancora oggi. Da dove viene quest’idea? Come mai l’endometriosi è stata etichettata come la “malattia della donna in carriera”? E perché è più difficile per le pazienti nere e della classe lavoratrice ricevere una diagnosi? L’episodio di oggi è il primo di una serie in due parti che esplora come la razza e la classe influenzino la diagnosi e il trattamento dell’endometriosi. Vediamo la storia dei medici che hanno creato questo mito e di un medico che, invece, ha dedicato la sua vita a sfatarlo.

Noa: Samantha Denae ha sempre avuto mestruazioni dolorose con sanguinamenti abbondanti e dolori che la costringevano ad assentarsi da scuola e dal lavoro.

Samantha Denae: Sembrava che nessun’altra avesse un ciclo orribile come il mio.

N.: È peggiorato quando aveva 16 anni, così ha provato a prendere diversi tipi di pillole anticoncezionali ma questo non l’ha aiutata. Il suo dolore era così forte che doveva pianificare la sua vita in base alle mestruazioni. Andava agli appuntamenti dal dottore e spiegava cosa stava succedendo.

S. D.: Avevo dei coaguli di sangue grandi come quarti di dollaro.

N.: Comprava pacchi da 40 assorbenti per un ciclo.

S. D.: E usavo l’intero pacchetto di assorbenti in un unico mese di mestruazioni, era davvero tanto sangue. Eppure non era allarmante o preoccupante per nessuno.

N.: I professionisti sanitari le dicevano continuamente che doveva essere qualcos’altro. Come una volta al pronto soccorso: le avevano fatto una flebo e poi era arrivato l’infermiere.

S. D.: E la prima cosa che ha detto è stata “Penso che tu sia incinta”. Io ho detto: “No, questo mi succede ogni mese. Ti giuro che non sono incinta”. “No, penso davvero che tu sia incinta. Solo che probabilmente non lo sai”.

N.: Il test di gravidanza era risultato negativo. Samantha se n’era andata con una prescrizione di ibuprofene. Era frustrata. Per quanto tempo avrebbe dovuto vivere con questo dolore intenso? Andò da altri medici che le dissero che forse erano fibromi. I fibromi sono tumori pelvici benigni, che possono anche causare forti emorragie e dolore. Ma i fibromi si vedono con un’ecografia e, nel suo caso, non si vedeva niente.

Come molte persone con cui abbiamo parlato, Samantha aveva iniziato a pensare che fosse tutto nella sua testa.

S. D.: Mi stavo dicendo “Sam non stai davvero così male”. Tutti lo stavano facendo sembrare come se fosse così normale avere delle mestruazioni così lunghe da farmi perdere giorni di scuola e lavoro.

N.: E poi un giorno, quando Samantha aveva 24 anni, il dolore era diventato così intenso che le sembrava di non poter camminare. Andò da sola al pronto soccorso dove le furono prescritte delle pillole di codeina. Il medico non le disse quante pillole avrebbe dovuto prendere. Così prese lo stesso numero di pillole che prendeva di solito quando assumeva ibuprofene.

La mattina dopo si era svegliata e aveva capito subito che qualcosa non andava. Aveva le vertigini e la nausea e questi non erano i suoi soliti sintomi mestruali. Ha guidato di nuovo fino al pronto soccorso ed è andata in bagno.

S. D.: E sono dovuta uscire dal bagno e andare in accettazione e dire “Signora, morirò qui dentro se non va a chiamare qualcuno, ho preso tutte queste pillole di codeina, qualcosa non va, ho bisogno che qualcuno faccia qualcosa.”

N.: Samantha era in overdose da codeina.

Un altro dottore era venuto a vederla. Ha dovuto farle un’iniezione di adrenalina per aiutarla a rallentare l’azione del narcotico. Samantha fece il suo solito discorso su quanto fossero terribili le sue mestruazioni — la stessa cosa che aveva detto a tanti medici prima. Ma questa volta il dottore le fece tre domande.

S. D.: Prima mi ha chiesto se le mie mestruazioni fossero debilitanti. Mi ha chiesto se avessi dolore durante i rapporti sessuali e se avessi problemi ad andare in bagno e ho risposto di sì a tutte e tre le domande. E mi ha detto “Penso che tu abbia l’endometriosi”.

N.: L’endometriosi, per abbreviare “endo”, è una condizione in cui il tessuto simile al rivestimento dell’utero cresce in altre parti del corpo. Può causare mestruazioni molto dolorose, spesso il dolore è così intenso che le persone non possono andare avanti con la loro normale routine, come Samantha. I sintomi includono nausea e problemi digestivi, dolore pelvico cronico, dolore durante i rapporti sessuali e infertilità. Così il medico del pronto soccorso aveva voluto vedere se Samantha avesse alcuni di questi sintomi.

Le diede un opuscolo sull’endometriosi. Avrebbe dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico in laparoscopia per avere la conferma. Samantha era sollevata di avere una diagnosi. E, tuttavia, era sconvolta perché nessuno dei suoi precedenti medici aveva menzionato questa possibilità, specialmente per il fatto che l’endometriosi è piuttosto comune. 1 persona AFAB su 10 ce l’ha.

Perché ci sono voluti diversi viaggi al pronto soccorso e quella che sembrava solo una coincidenza, cioè che lei fosse capitata con questo medico e un’overdose di codeina, per ottenere una diagnosi?

S. D.: Molte persone non credono che l’endometriosi esista nelle donne nere. Pensano che sia una malattia che le donne nere non possono avere, come se fosse invisibile per loro.

N.: Questo è Tight Lipped, una conversazione pubblica su un tipo di dolore considerato privato. Sono Noa.

In questo programma facciamo grandi domande sul dolore cronico vaginale e vulvare e sulle disfunzioni del pavimento pelvico. Parliamo di dolore durante i rapporti sessuali e di vergogna, nonché della politica che circonda queste condizioni che spesso teniamo segrete.

Abbiamo sentito molte storie su come il sessismo e i pregiudizi di genere influenzino le esperienze de* pazienti quando cercano assistenza. Ma il genere non è l’unico fattore che rende difficile ottenere l’assistenza sanitaria di cui si ha bisogno. La razza e la classe giocano un ruolo enorme nel plasmare le nostre esperienze all’interno del sistema medico. Anche se ho trovato medici che mi hanno respinto, ho beneficiato del privilegio di razza e di classe in ogni passo del mio percorso.

Nei prossimi due episodi, parleremo di un problema sanitario che per anni è stato influenzato dal razzismo, dal classismo e dal sessismo: quel problema è l’endometriosi. Nell’episodio di oggi, ci concentreremo sulla storia della diagnosi. In particolare, il mito delle pazienti nere e della classe lavoratrice che non sviluppano l’endometriosi. Racconteremo la storia dei medici che hanno creato questo mito e di un medico che ha dedicato la sua vita a sfatarlo.

N.: Ci sono dibattiti e controversie su quasi tutto ciò che riguarda l’endometriosi e la sua storia ma sappiamo che questo particolare mito ha avuto origine negli anni ’30. Dopo la prima guerra mondiale, c’erano molta preoccupazione e panico sociali negli Stati Uniti per il calo delle nascite, soprattutto tra le donne di classe sociale più elevata. Poiché c’erano più opzioni contraccettive, era possibile aspettare più a lungo per avere figli. I ricercatori prestavano attenzione agli ormoni e alla fertilità.

Uno dei ginecologi più importanti dell’epoca era il Dr. Joseph Vincent Meigs che stava trattando pazienti per l’infertilità. Nel 1938, scrisse un editoriale su come molte delle sue pazienti avevano sviluppato l’endometriosi.

Olga Bougie: E la sua opinione era che l’endometriosi fosse una malattia delle classi benestanti.

N.: Questa è la dottoressa Olga Bougie. È ginecologa e docente alla Queen’s University di Kingston, Ontario. Dice che il dottor Meigs ipotizzò che l’endometriosi fosse in aumento perché le donne dell’alta società si sposavano più tardi e ritardavano la gravidanza. Ha descritto l’endometriosi come una malattia causata dallo stile di vita.

Kate Seear: E che forse questo stava causando danni ai loro corpi in qualche modo, perché qualcosa di innaturale, secondo lui, stava accadendo….

N.: Questa è la professoressa Kate Seear, autrice del libro “The Makings of a Modern Epidemic: Endometriosis. Gender and Politics”.

K. S.: Le donne moderne non stavano rispettando gli obblighi di natura e, quindi, nella sua mente, questo è il motivo per cui questa malattia si era sviluppata.

N.: La professoressa Seear scrive di come il dottor Meigs fece dei paragoni tra le sue pazienti e le scimmie.

K. S.: Scrisse che “la scimmia si accoppia non appena diventa maggiorenne e si riproduce finché ne è in grado… visto che le donne hanno la stessa fisiologia deve essere sbagliato rimandare la procreazione”….

N.: Il dottor Meigs disse che gravidanze precoci e frequenti fossero la cosa più naturale da fare. Attribuiva l’endometriosi alle decisioni riproduttive delle sue pazienti. Credeva che le donne delle classi più agiate sviluppassero l’endo perché avevano lunghi periodi di mestruazioni ininterrotte. La soluzione? Dovevano rimanere incinte prima e avere più figli.

K. S.: Molti dei suoi scritti negli anni ’30 e ’40 furono alcune delle prime cose mai pubblicate sulla patologia ed ebbero una grande influenza su altri professionisti e poi sui ricercatori e sugli scienziati negli anni successivi.

N.: L’idea che la gravidanza sia la risposta all’endometriosi è ancora oggi pervasiva. A volte la gravidanza può mascherare i sintomi perché non si hanno le mestruazioni. Così il dolore mestruale e il sanguinamento abbondante possono scomparire per un certo periodo, ma solo alcune pazienti trovano sollievo. E non è chiaro se la gravidanza aiuti l’endometriosi a lungo termine. Eppure è quello che alcuni medici raccomandano oggi e la dottoressa Bougie dice che è la stessa cosa che Meigs sosteneva negli anni ’30 e ‘40.

O. B.: Meigs aveva un certo rilievo nei media popolari a quel tempo. E così le sue opinioni, che erano molto forti, ebbero davvero un’ampia diffusione e durarono a lungo.

N.: Cosa significava questo per coloro che non ricevevano una diagnosi? O anche per le pazienti a cui era stata fatta la diagnosi e a cui era stato detto di rimanere incinta? L’endometriosi è una malattia devastante. Le persone affette da endometriosi vivono con dolore cronico, infiammazione e disfunzioni organiche. Spesso devono saltare la scuola o lasciare il lavoro. È una malattia progressiva, più a lungo una persona resta senza diagnosi e non viene trattata, più questi sintomi peggiorano. L’endometriosi non trattata può causare infertilità e difficoltà di concepimento.

K. S.: Generazioni di donne provenienti da background particolari, non hanno mai ricevuto una diagnosi di endometriosi, di conseguenza si sono viste negare l’assistenza sanitaria e il sostegno, hanno vissuto una vita di notevole dolore e sofferenza che è a dir poco un’assoluta tragedia.

N.: Quindi il dottor Meigs stava diffondendo l’idea che l’endometriosi fosse una malattia specifica delle donne istruite e benestanti. Le sue teorie non erano controverse all’epoca ma col senno di poi possiamo vedere che molte delle sue idee erano davvero problematiche. Un tema chiave nei suoi scritti era che le coppie della classe agiata si riproducevano ad un tasso inferiore rispetto alle coppie a basso reddito.

K. S.: C’era la preoccupazione che, come conseguenza di questi modelli riproduttivi, la razza bianca e le classi privilegiate della società bianca si sarebbero estinte.

N.: Si scopre che una delle vere preoccupazioni di Meigs riguardava il futuro della società bianca privilegiata. Questo accadeva in un momento in cui i ricchi bianchi americani erano nel panico per la continuità della razza bianca. Meigs invitò i suoi colleghi medici ad incoraggiare i loro ricchi pazienti bianchi ad avere più figli.

K. S.: Stava parlando ad un pubblico di medici in gran parte bianchi e, quindi, quando parlava delle “nostre famiglie” penso che possiamo prenderlo come un eufemismo per la cittadinanza bianca, colta e dell’alta società.

N.: La maggior parte delle pazienti del dottor Meigs erano bianche. E lui non parlava esplicitamente di razza. Tuttavia, le sue teorie divennero la base per le idee razziste che si svilupparono e rimasero in auge anche dopo la sua morte. Dipingere l’endometriosi come la condizione di una donna bianca ha reso molto più difficile per le pazienti nere ottenere cure e trattamenti. A maggior ragione quando queste teorie entrarono nei libri di testo medici che a quei tempi erano una risorsa cruciale. La dottoressa Olga Bougie dice che i libri di testo usavano termini come “immunità razziale”.

O. B.: Immunità razziale: cioè che le donne nere erano immuni allo sviluppo dell’endometriosi, quindi, affermando la razza come un fattore che contribuisce in modo determinante.

N.: I libri di testo e la letteratura medica dicevano che essere bianche era un fattore di rischio per l’endometriosi.

K. S.: I medici si dicevano l’un l’altro, essenzialmente, di non preoccuparsi di cercarla perché “tanto non la troverai, loro [le donne nere] non possono svilupparla”.

N.: Uno studio del 1951 all’Harlem Hospital di New York affermava che l’endometriosi era quasi inesistente tra le pazienti nere.

K. S.: Non era solo una specie di mito, ma era diventato un dato scientifico perché gli scienziati e i medici non documentavano nessuno di questi casi e così quell’idea si è ripetuta e riverberata nel corso della storia.

N.: Nel 1955, un altro studio a New Orleans concluse che le donne nere e tutte le donne di altre razze ed etnie avevano un basso tasso di endometriosi.

O. B.: Erano l’istruzione superiore e “lo stress della vita moderna e della civilizzazione” ad avere un impatto sproporzionato sulle donne bianche ed è per questo che avevano più probabilità di sviluppare l’endometriosi.

N.: Lo studio del 1955 sosteneva addirittura che nel momento in cui le afroamericane avrebbero avuto accesso a un’istruzione migliore e a lavori più remunerativi, anche loro sarebbero state a rischio di sviluppare l’endometriosi.

Per essere chiari, altre ricerche negli anni ’50 dicevano il contrario, cioè che l’endometriosi si verificava con gli stessi tassi tra pazienti nere e bianche. Gli studi degli anni successivi hanno confermato che l’endometriosi ha la stessa prevalenza in tutte le razze e classi sociali. Eppure, il mito è persistito nel tempo. Negli anni ’60, ’70 e ‘80.

Presentatrice radiofonica: Per coloro che hanno letto il suo best-seller “It’s Your Body”, una guida alla ginecologia, il dottor Niels Lauersen è diventato sinonimo di un nuovo atteggiamento verso le donne come persone e come pazienti informate.

N.: Questo è un programma radiofonico del 1982 dal titolo “A Woman’s Place”.

P. r.: Nato in Danimarca, si è laureato in medicina all’Università di Copenaghen.

Rimanete con noi mentre il dottor Lauersen e io discutiamo dei modi in cui le donne possano imparare ad avere consapevolezza del proprio corpo e su come insistere affinché ricevano consulenze e trattamenti medici migliori.

Niels Lauersen: C’è un gran numero di donne e uomini sterili. Spesso sono persone che hanno rimandato la scelta di avere un figlio e, frequentemente, sono persone istruite.

N.: Il dottor Lauersen stava trattando pazienti per l’infertilità a New York. Diceva che le sue pazienti erano donne istruite che avevano rimandato la gravidanza.

N. L.: Abbiamo scoperto che spesso queste stesse donne facevano lavori stressanti e, forse, avevano qualche crampo mestruale e così via. Questo ha portato a ciò che chiamiamo endometriosi o “la malattia delle donne in carriera”.

N.: La “malattia delle donne in carriera”: un nuovo modo di descrivere ciò di cui il dottor Meigs aveva parlato decenni prima. Mary Lou Ballweg, la fondatrice dell’Endometriosis Association, conosceva il dottor Lauersen.

Mary Lou Ballweg: I suoi uffici erano a Park Avenue. Sai, una zona molto elegante.

N.: Come il dottor Meigs negli anni ’30, il dottor Lauersen curava alcune delle pazienti più ricche e privilegiate.

M. L. B.: Ma naturalmente, quando gli dissi “Chi stai visitando a Park Avenue a Manhattan? Non è scientifico presumere che il gruppo che ti capita di visitare, rappresenti tutte le donne.”

N.: L’etichetta della “malattia delle donne in carriera” prese vita propria. È difficile stabilire esattamente quando è stata usata per la prima volta, probabilmente tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. Più o meno nello stesso periodo del movimento femminista della seconda ondata.

K. S.: Il consolidamento e la designazione dell’endometriosi come “malattia delle donne in carriera” coincide con questo periodo di sconvolgimenti politici e sociali, dove le donne stavano iniziando a protestare e a opporsi alle norme sociali e agli stereotipi.

N.: Di nuovo torna questa idea che i loro comportamenti stavano causando la malattia, come se fosse colpa loro.

K. S.: Prese piede l’idea che l’endometriosi fosse una condizione esclusiva delle donne lavoratrici che davano priorità al lavoro rispetto alla famiglia.

N.: Le riviste popolari negli anni ’70 e ’80 riportavano che le donne con lavori impegnativi avevano più probabilità di sviluppare l’endometriosi.

K. S.: Si ripeteva spesso che l’endometriosi non era solo una condizione delle donne ambiziose e in carriera ma anche delle donne che pensavano troppo.

N.: Tutto ciò che riguarda questo mito è diventato molto complesso.

K. S.: Ed è qui che penso che la razza diventi molto importante. Una volta che si furono insinuate queste idee sul fatto che le donne intelligenti, votate alla carriera, ambiziose, con aspirazioni, che avevano avuto accesso all’istruzione stavano ritardando la gravidanza, allora si insinuarono ipotesi molto razziste sulle capacità intellettuali delle donne nere.

N.: I libri di testo, le riviste femminili e persino alcuni libri di auto-aiuto sull’endometriosi descrivono le persone con endometriosi come privilegiate, competitive ed egoiste.

K. S.: Cominciarono a plasmare il modo in cui si pensava alla patologia, perché naturalmente a quel tempo le donne nere erano considerate meno intelligenti, con poche aspirazioni e, in tutta onestà, più disponibili a conformarsi “agli obblighi di natura”, come li avrebbe definiti Meigs.

N.: Quindi tutto questo è iniziato come la teoria del dottor Meigs, cioè che le donne più mature delle classi privilegiate sviluppavano l’endometriosi a causa di una gravidanza in tarda età. Poi si consolidarono quando studi clinici e libri di testo affermarono che le donne nere erano immuni all’endometriosi. Ciò fu riaffermato con l’ultimo stereotipo citato: l’idea che le donne ambiziose e in carriera — che era un codice per dire “donne bianche istruite e ricche” — sviluppassero l’endometriosi.

Per tutto questo tempo le pazienti nere e quelle povere hanno vissuto senza ricevere alcun trattamento per l’endometriosi. Per quasi un secolo, il mito ha impedito loro di ottenere una diagnosi. E come si fa a cambiare un’idea che è così pervasiva nella nostra cultura e nel nostro sistema medico?

Beh, c’è voluto un medico che viveva e lavorava in un quartiere abitato prevalentemente dalla comunità nera. Il suo nome era Donald Chatman. È mancato nel 2018. La dottoressa Lynn Todman, figlia del dottor Chatman, dice che aveva una profonda comprensione dell’influenza del razzismo nella comunità medica, in parte, a causa delle sue esperienze personali.

Lynn Todman: Era profondamente impegnato a servire la comunità afroamericana, per questo aveva aperto uno studio tra l’87esima strada e Stony Island Avenue a Chicago, dove è rimasto per diversi decenni.

N.: Lynn ricorda che nel suo ufficio, suo padre aveva tre bacheche con i volti di tutti i bambini e bambine che aveva fatto nascere. Molti di loro attraversavano le generazioni. Secondo lei quelle foto hanno una rilevanza attuale con il movimento Black Lives Matter.

L. T.: Sai, gli chiedevo “Perché hai tutte quelle foto di bambini e bambine?” E non so se lui, probabilmente, non ne era consapevole, ma lo sono io ora, che stava aiutando a rendere più facile la vita delle persone nere.

N.: Stava aiutando a rendere più facile la vita delle persone nere. Molte delle pazienti che si rivolgevano a lui erano alle prese con problemi legati all’infertilità. Si impegnava ad aiutarle anche quando gli altri medici dicevano che non c’era niente da fare.

Il dottor Chatman ha iniziato a Chicago nel 1969, praticando presso il Michael Reese Hospital, dove era solo il secondo medico nero nel reparto di ginecologia. Ha aperto il suo studio privato che poi è cresciuto rapidamente. Lì ha incontrato Linda, sua moglie, che lavorava come infermiera. Oggi lei è un’avvocata.

Linda Chatman: Le sue pazienti lo amavano, ma non era un tipo espansivo. Ok. Non fraintendetemi. Ma era il più grande sostenitore delle sue pazienti.

N.: Linda dice che aveva deciso di diventare un ginecologo fin dalla tenera età. Suo padre era stato medico negli anni ‘20.

L. C.: Quando suo padre esercitava, un nero non poteva diventare uno specialista. Era un medico di campagna. Era un medico generico a Baton Rouge, in Louisiana. Non poteva specializzarsi perché non lo permettevano.

N.: Dopo la laurea ad Harvard, a Donald Chatman fu negato l’accesso alla scuola di medicina della Louisiana State University perché era nero. Così frequentò la stessa scuola di medicina del padre, il Meharry Medical College.

Il dottor Chatman amava far nascere i bambini. Ma era anche particolarmente interessato alla laparoscopia ginecologica, un’alternativa alla laparotomia. La maggior parte delle sue pazienti al Michael Reese Hospital erano donne nere. E notò che molte di loro avevano i segni rivelatori dell’endometriosi, cosa che attirò immediatamente la sua attenzione.

L. C.: Leggeva nei libri di testo e sentiva dire ovunque che le donne nere non avevano l’endometriosi, solo le donne bianche di mezza età ce l’avevano.

N.: Linda ricorda una citazione da un libro di testo in particolare.

L. C.: Diceva che nei reparti per le persone nere dove la malattia infiammatoria pelvica è più comune, l’endometriosi è più rara.

N.: La malattia infiammatoria pelvica, di solito, si verifica quando i batteri trasmessi sessualmente si diffondono all’utero, alle tube di Falloppio o alle ovaie. Si riteneva che le pazienti nere fossero ipersessuali — secondo uno stereotipo razzista di lunga data.

L. C.: Nella sua pratica, mio padre vedeva proprio il contrario: vedeva un sacco di pazienti con endometriosi, la vedeva nelle adolescenti e nelle donne. Così iniziò a documentare il tutto.

N.: L’endometriosi può essere confermata solo attraverso la chirurgia laparoscopica. Il dottor Chatman scattò delle foto durante gli interventi e le trasformò in diapositive da poter presentare ai suoi colleghi.

L. C.: Sai, l’establishment medico diceva che bisognava essere una donna bianca di mezza età. Ma nessuno guardava le adolescenti.

N.: Il dottor Chatman stava scoprendo che le adolescenti avevano l’endometriosi. Questa da sola era una prova sufficiente a dimostrare che qualcosa non andava nell’idea della “malattia delle donne in carriera”. Linda dice che sia lei che suo marito erano scettici sulle teorie degli anni ‘30.

L. C.: Pensate a quello che stavano dicendo “Ehi, iniziate ad avere figli prima, da giovani, o questo è quello vi succederà, sapete?”. Cercavano di rimettere le donne al loro posto.

N.: Negli anni ’70, il dottor Chatman iniziò a raccogliere dati. Decise che avrebbe valutato le pazienti che si presentavano con dolore pelvico per vedere quante di loro avevano l’endometriosi. Inviò i suoi articoli a riviste di ogni sorta chiedendo loro di pubblicare i suoi risultati. Chiese di poter parlare ai convegni medici. Nessuno lo ascoltava.

L. C.: Veniva respinto ma continuava a dire “No, no, no, guardate, ho tutti questi dati…” eppure continuava a essere respinto, ancora e ancora.

N.: Nessuno voleva sentire parlare dell’endometriosi nelle donne nere. Tuttavia, il dottor Chatman sapeva che la posta in gioco per le sue pazienti era alta. Diagnosi errate e maltrattamenti stavano causando anni di dolore prolungato ingiustificato.

L. C.: Se una donna nera entrava al pronto soccorso o nello studio di un medico e si lamentava del sanguinamento, del dolore pelvico, ecc., la prassi era darle degli antibiotici e mandarla via. Se una donna bianca di mezza età arrivava con le stesse identiche lamentele, allora venivano fatti i controlli per l’endometriosi. Funzionava così.

N.: Il dolore pelvico delle pazienti nere veniva diagnosticato come malattia pelvica infiammatoria. Si presumeva che fosse dovuto a un’infezione a trasmissione sessuale. Diagnosticare alle giovani pazienti nere questa malattia non risolveva nulla. Tornavano qualche settimana dopo con gli stessi sintomi. La loro endometriosi non veniva trattata per anni e anni.

L. C.: Faceva parte del razzismo sistemico dire che le donne nere erano promiscue, irresponsabili. E così contraevano la malattia infiammatoria pelvica a causa della loro promiscuità. E non prendevano una malattia perbene come l’endometriosi.

N.: Questo tipo di supposizioni razziste non erano rare. Il dottor Chatman vedeva come i suoi colleghi mancassero di rispetto alle loro pazienti nere.

L. C.: Una delle cose che gli è rimasta davvero impressa è che i medici bianchi usavano il doppio guanto per esaminare le donne nere, ma non le donne bianche. Questo sia per fare esami vaginali o anche solo per toccarle, il che è semplicemente ridicolo.

N.: Linda sostiene che le convinzioni razziste dei colleghi del dottor Chatman abbiano influenzato il loro modo di praticare la medicina.

Questo è parte del motivo per cui, quando il dottor Chatman ha sostenuto che le donne nere hanno l’endometriosi, è stato davvero un grosso problema. Stava ricacciando indietro secoli di idee razziste sul corpo delle donne nere: idee sull’ipersessualità e la promiscuità.

Ma gli altri medici dicevano di non credere ai dati del dottor Chatman. Finché un giorno, finalmente, ebbe un’opportunità inaspettata.

L. C.: Alla fine ricevette un invito per un convegno medico a Saskatoon, Saskatchewan in Canada. Un luogo in mezzo al nulla.

N.: Così andò a presentare i suoi dati per la prima volta. Ascoltarono la sua presentazione, ma sembravano increduli. Dopo la presentazione, un medico lo avvicinò.

L. C.: Questo medico gli si avvicinò dicendogli: “Allora, le donne nere con la pelle chiara ce l’hanno più spesso delle donne nere con la pelle scura?” E lui: “No, di cosa stai parlando?”. Sai, non riuscivano a capacitarsi del fatto che le donne nere avessero l’endometriosi.

N.: Le cose cominciarono a cambiare per il dottor Chatman.

L. C.: Non è stato accolto a braccia aperte, ma è stato almeno in grado di farsi ascoltare, col tempo, perché non si è arreso. Divenne più conosciuto e la gente cominciò ad ascoltarlo.

N.: Alla fine, la ricerca del dottor Chatman fu approvata per la pubblicazione. Aveva passato anni a insistere sul fatto che le sue pazienti avevano l’endometriosi. Non diversamente da molt* pazienti che passano anni alla ricerca di una diagnosi e di qualcuno che l* prenda sul serio. Nel 1976, il dottor Chatman pubblicò un articolo intitolato “Endometriosi nella donna nera”.

Confermò l’endometriosi in una 1 paziente su 5 tra quelle che aveva studiato. A molte di loro era stata erroneamente diagnosticata la malattia infiammatoria pelvica. Sosteneva che la diagnosi errata derivava dal mito di lunga data sull’immunità, lo stereotipo sulla promiscuità, e dall’idea che solo le donne anziane sviluppano l’endometriosi. Nell’articolo invitava i suoi colleghi medici ad ascoltare le loro pazienti nere che avevano dolori pelvici e a indagare.

Lentamente, il dottor Chatman raggiunse un pubblico più vasto. Cominciò a essere visto come un importante e rispettato ginecologo. Entrò a far parte del consiglio dell’Associazione Americana di Laparoscopia Ginecologica. Lì ebbe una piattaforma nazionale e più tardi ne divenne presidente. A metà degli anni ’80, il suo impatto fu tangibile.

L. C.: Ha cambiato i libri di testo. I medici hanno effettivamente ammesso che le donne nere e le adolescenti hanno l’endometriosi … Voglio dire, ha fatto questo quasi da solo. Voglio dire, lui… lui non avrebbe mai rinunciato, sapete? Grazie al cielo.

N.: Il dottor Chatman vedeva i libri di testo come la radice del problema: la diffusione della disinformazione. Credeva che cambiare l’educazione medica avrebbe potuto finalmente sfatare certi miti. E, in un certo senso, ha funzionato. La gente si allontanò dall’idea che le donne nere e della classe lavoratrice non potessero avere l’endometriosi. Lynn, la figlia del dottor Chatman, dice che questo fu significativo.

L. T.: Stava fondamentalmente sfidando la convenzione medica e questo è un atto politico. Penso che molto di quello che stava facendo fosse di natura politica. Non credo che lui l’avrebbe caratterizzato come tale. Ma ripensandoci e capendo quello che so ora penso che fosse un medico attivista.

N.: Dato che non possiamo parlare direttamente con lui, abbiamo voluto sentire alcune delle sue pazienti e delle specializzande che si sono formate con lui.

Donna Younkins: Non ho mai davvero sviluppato un rapporto con nessuno dei miei dottori… Andavo solo a fare il pap test o altro e poi me ne andavo. Solo quando ho incontrato il dottor Chatman, mi sono sentita abbastanza a mio agio da parlare dei miei crampi e di quello che mi stava succedendo.

N.: Il dottor Chatman scoprì che Donna aveva l’endometriosi quando andò per farsi legare le tube. Le avevano sempre detto che il suo dolore era solo nella sua testa.

D. Y.: Era il tipo di medico con cui potevi sederti e parlare, ti faceva sentire a tuo agio.

N.: Un’altra paziente, Beth, è stata indirizzata a lui quando si è trasferita a Chicago.

Beth Kaveny: Non ha mai smesso di essere curioso su ciò che poteva generare i disturbi in una paziente.

N.: Chatman ha fatto nascere due dei suoi figli.

B. K.: Potevi dirgli qualsiasi cosa. Prendeva tutto quello che gli dicevi con una tale importanza, che potevi fidarti totalmente di lui.

N.: La dottoressa Gloria Elam è una ginecologa che è stata formata dal dottor Chatman.

Gloria Elam: Se lo chiamavi di notte per parlargli di una paziente, iniziava a dirtelo prima che tu finissi di dirglielo. Conosceva tutte e conosceva tutti i dettagli. Era molto consapevole di ogni paziente come persona.

N.: Anche la dottoressa Joann Smith si è formata con il dottor Chatman.

Joann Smith: Ci ha davvero insegnato che bisognava credere, credere alle persone. Prendeva le persone sul serio. Sapeva che c’era qualcosa che mancava ai medici e ce lo avrebbe insegnato, per Dio.

N.: Linda Chatman dice che il lavoro per creare consapevolezza, individuare e curare l’endometriosi è tutt’altro che finito.

L. C.: Ogni donna dovrebbe sapere cos’è l’endometriosi, che ce l’abbia o no. Dovrebbero saperlo così come la gente sa cos’è il cancro al seno.

N.: Come sappiamo da altre storie, l’endometriosi come condizione è ancora incompresa. E la dottoressa Olga Bougie ci ricorda che le pazienti impiegano dai 7 ai 10 anni per ottenere una diagnosi.

O. B.: È una condizione molto enigmatica e molto difficile da diagnosticare. Quindi, quando guardiamo a questa prospettiva storica, credo che le persone abbiano cercato di risolvere questo enigma ma si sa che non c’è un test semplice per questa malattia.

N.: Ottenere una diagnosi è sempre dipeso dai medici da cui puoi andare e dal fatto che ti prendano sul serio o meno.

M. L. B.: Penso che il mito sia nato dall’idea che chi sviluppa questa malattia sono coloro che riescono a ottenere una diagnosi.

N.: Questa è di nuovo Mary Lou Ballweg dell’Endometriosis Association. Lei dice che per tutto il tempo questo mito fu basato su una supposizione. Il dottor Meigs vedeva quasi solo pazienti bianche di classi privilegiate, quindi sosteneva che erano loro a poter sviluppare l’endometriosi. Non stava pensando criticamente al background sociale ed economico delle sue pazienti e alla disponibilità di assistenza sanitaria negli Stati Uniti.

K. S.: Ha tratto la conclusione che qualcosa nelle pratiche di quelle donne stesse causando l’endometriosi e che erano solo loro ad averla.

N.: Questa è la professoressa Kate Seear. Ciò ha continuato a essere vero per decenni.

K. S.: I medici non vedevano queste donne presentarsi nelle loro cliniche o credevano che non avrebbero avuto la patologia e quindi non la cercavano e non la diagnosticavano. È quasi certo che questa divenne una profezia che si auto-avvera.

N.: Oggi, le pazienti nere stanno affrontando le conseguenze di questa eredità storica. Come Samantha, che abbiamo sentito all’inizio del nostro episodio. I resti di questo mito razzista hanno fatto sì che Samantha abbia dovuto soffrire per anni con viaggi al pronto soccorso e un’overdose accidentale di codeina, prima di ottenere una diagnosi.

S. D.: Non ho trovato molte donne come me che hanno l’endometriosi ma non posso essere l’unica.

N.: Ora Samantha va nelle scuole superiori per insegnare educazione mestruale. Vuole aiutare le adolescenti ad ottenere una diagnosi precoce.

S. D.: Insegno soprattutto nelle comunità nere, dove ho appreso che le donne vengono ignorate… e i loro medici dicono loro che è normale.

N.: Samantha vede quanto lavoro c’è ancora da fare.

S. D.: Stiamo ignorando il loro dolore e i loro corpi. Ed è a causa del colore della loro pelle? Potrebbe essere perché lei è nera? I medici sarebbero più inclini a fare dei test e a scoprire cosa sta succedendo più velocemente?

N.: Solo perché il mito è scomparso dalla stampa popolare e dai libri di testo medici, non significa che sia scomparso dal nostro subconscio. O dal subconscio dei professionisti medici. Nel 2019, la dottoressa Bougie ha condotto una revisione della letteratura medica, rivelando che le pazienti nere hanno solo la metà delle probabilità di ricevere una diagnosi di endometriosi rispetto alle pazienti bianche.

Infatti, fino all’estate scorsa, la Johns Hopkins elencava “l’essere una donna bianca” come fattore di rischio per l’endometriosi. È stato così fino a quando Kyla Canzater, attivista nera, ha denunciato la situazione, solo allora l’hanno tolto.

K. S.: Il linguaggio è cambiato, si è ammorbidito in un certo senso, non è così schietto come quello che potremmo aver visto usare da Joseph Meigs. Alle donne viene ancora detto che hanno avuto un ruolo nello sviluppo della patologia attraverso le loro pratiche, i loro comportamenti. E ci sono ancora sfumature razziste e classiste in quel linguaggio. Credo che l’eredità di queste idee sia ancora con noi.

N.: Non possiamo cambiare ciò che è successo in passato. In molti modi, il dottor Meigs e i suoi colleghi erano prodotti del loro tempo. Dobbiamo esaminare i valori che influenzano il nostro sistema sanitario contemporaneo. Questa storia influenza la diagnosi, i trattamenti e la stessa conoscenza medica.

La maggior parte della ricerca sull’endometriosi è ancora condotta su donne bianche. Ciò che i ricercatori decidono di studiare e indagare oggi, avrà un impatto sulle persone tra 50 anni.

K. S.: Queste sono idee e pratiche che continuano a riecheggiare. Hanno avuto un’eco attraverso le epoche.

N.: Guardando la storia di questo mito, vorrei mettere i professionisti della medicina di fronte al fatto che hanno affermato che l’endometriosi non esiste nelle donne nere e lavoratrici. Penso che il mito della “malattia delle donne in carriera” non sia in realtà una storia di pazienti. Non ci dice nulla su chi ha o non ha l’endometriosi. Invece, è una storia di professionisti medici. Ci ricorda che i medici non sono divinità. Sono prodotti del nostro tempo e della nostra socializzazione. Ma questa storia è anche un racconto ammonitore su ciò che è in gioco quando i nostri medici decidono chi è degn* di diagnosi e meritevole di cure.

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